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Paolo Borsellino - L'intervista nascosta PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione 19luglio1992.com   
Domenica 27 Dicembre 2009 13:02
alt30 dicembre 2009 - La redazione de Il Fatto Quotidiano è lieta di presentare il dvd Paolo Borsellino - L'intervista nascosta, la versione integrale del lungo colloquio fra il giudice antimafia e i giornalisti francesi di Canal Plus, Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, nella sua casa di Palermo, il 21 maggio 1992. Il dvd contiene anche una presentazione dell'intervista curata da Marco Travaglio ed è già stato venduto in edicola in 25.000 copie in allegato a il Fatto Quotidiano. Attualmente è esaurito in varie città. E' in corso la prima ristampa e invitiamo chi ancora non avesse questo documento eccezionale a prenotare una copia del dvd direttamente presso l'edicolante.
Aggiornamento 31 gennaio 2010: E' da oggi possibile ordinare una copia del DVD direttamente sul BLOG de Il Fatto Quotidiano.

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Indice:




Borsellino e le verità nascoste


altL’intervista scomparsa di Paolo Borsellino, che Il Fatto distribuisce in edicola da venerdì, è un documento eccezionale e assolutamente inedito. E’ la versione integrale, filmata, del lungo colloquio fra il giudice antimafia, all’epoca procuratore aggiunto a Palermo, e i giornalisti francesi di Canal Plus, Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, nella sua casa di Palermo, il 21 maggio 1992: due giorni prima della strage di Capaci e 59 giorni prima di via D’Amelio.

I due reporter stanno girando un film sulla mafia in Europa. I due intervistano agenti segreti, mafiosi pentiti e non, magistrati, avvocati. Ottengono il permesso di seguire l’eurodeputato andreottiano Salvo Lima nei suoi viaggi dalla Sicilia al Parlamento europeo. Almeno finché, nel marzo ’92, Lima viene assassinato. Intanto Calvi e Moscardo si sono imbattuti nella figura di Vittorio Mangano, il mafioso che aveva prestato servizio come fattore nella villa di Berlusconi ad Arcore fra il 1974 e il 1976, assunto da Marcello Dell’Utri. Così abbandonano il reportage che doveva ruotare attorno a Lima e si concentrano sui rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e Cosa Nostra. Intervistando, fra gli altri, Borsellino.

Il tema interessa molto la pay-tv francese, anche perché il Cavaliere imperversa in Francia con La Cinq e si affaccia sul mercato della tv criptata, in concorrenza con Canal Plus. Poi però il suo sponsor Mitterrand perde le elezioni e il nuovo presidente Chirac mette i bastoni fra le ruote a La Cinq, che di lì a poco fallisce. Canal Plus perde ogni interesse sulla figura di Berlusconi: il reportage non andrà in onda. Ma i tre quarti d’ora di chiacchierata con Borsellino tornano d’attualità quando, nel gennaio ’94, Berlusconi entra in politica.

Calvi contatta Leo Sisti dell’Espresso, che pubblica la trascrizione integrale nella primavera ’94. All’Espresso viene inviato un pre-montaggio ufficioso e un po’ sbrigativo di una decina di minuti, con sottotitoli in francese, per attestare la genuinità dell’intervista. La vedova Borsellino, Agnese, chiede una copia della cassetta come ricordo personale. E la consegna ai pm di Caltanissetta che indagano su Berlusconi e Dell’Utri come possibili “mandanti esterni” di via D’Amelio. Una copia finisce nelle mani di Sigfrido Ranucci e Arcangelo Ferri, che nel 2000 preparano uno “Speciale Borsellino” per RaiNews24. Lo speciale va in onda nottetempo il 19 settembre 2000, dopo che tutti i direttori dei tg e dei programmi di approfondimento Rai hanno rifiutato di mandare in onda il video. Ma viene visto da pochissimi telespettatori. Per questo, con Elio Veltri, decidiamo di inserirla nel libro “L’odore dei soldi”, uscito nel 2001. Nel libro ovviamente c’è solo la trascrizione del montaggio breve e ufficioso, non l’integrale rimasto in mano a Calvi e Moscardo. Ora Il Fatto Quotidiano ha acquistato il filmato integrale e lo mette a disposizione dei lettori. Senza tagliare nulla, nemmeno i momenti preparatori che riprendono Borsellino nell’intimità della sua casa, fra telefonate di lavoro e confidenze riservate. Abbiamo aggiunto due intercettazioni telefoniche di fine novembre 1986, in cui Berlusconi, Dell’Utri e Confalonieri commentano l’attentato mafioso appena verificatosi nella villa del Cavaliere in via Rovani a Milano. E dimostrano di aver sempre conosciuto la caratura criminale di Mangano.

Perché l’intervista è importante? Intanto perché Borsellino parla, pur con estrema prudenza, di Berlusconi e di Dell’Utri in un reportage dedicato alla mafia. Poi perché lascia chiaramente intendere di non potersi addentrare nei rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano perché c’è ancora un’inchiesta in corso e non è lui ad occuparsene, ma un collega del vecchio pool Antimafia, rimasto solo nell’Ufficio istruzione (ormai soppresso dal nuovo Codice di procedura penale del 1990) a seguire gli ultimi processi avviati fino al 1989 col vecchio rito processuale.

In ogni caso, Borsellino ricorda di aver conosciuto Mangano negli anni Settanta in vari processi: quello per certe estorsioni a cliniche private e il famoso maxiprocesso alla Cupola di Cosa Nostra, avviato a metà degli anni Ottanta grazie alle dichiarazioni dei primi pentiti Buscetta, Contorno e Calderone. Aggiunge che Falcone l’aveva pure processato e fatto condannare per associazione a delinquere al processo Spatola, mentre nel “maxi” Mangano fu condannato per traffico di droga: 13 anni di galera in tutto, che Mangano scontò fra il 1980 e il ‘90. Borsellino sa che Mangano era già un mafioso a metà anni Settanta, uomo d’onore della famiglia di Pippo Calò, implicato addirittura in un omicidio con Saro Riccobono mentre stava ad Arcore. L’avevano pure intercettato al telefono con un mafioso, Inzerillo, mentre trattava partite di cavalli e magliette che nel suo gergo volevano dire “eroina”. Non era uno stalliere o un fattore: era la “testa di ponte dell’organizzazione mafiosa al nord”. Borsellino, prima dell’arrivo dei giornalisti, s’è fatto stampare tutte le schede con le posizioni processuali di Mangano e Dell’Utri, le consulta spesso durante l’intervista e alla fine le passa ai due giornalisti, pregandoli di non dire in giro che gliele ha date lui, perché non sa quali siano ostensibili e quali ancora coperte dal segreto istruttorio. E’ la prova che Borsellino ritiene utile che nel documentario si parli di Mangano e Dell’Utri.

Ma l’intervista è importante anche per un altro motivo: nel 2002 la Corte d’assise di appello di Caltanissetta, nel processo per la strage di via D’Amelio, infligge 13 ergastoli ad altrettanti boss e include l’intervista tra le cause che spinsero Totò Riina a uccidere Borsellino poco dopo Falcone. Ricordano che, dopo lo choc per Capaci, il Parlamento aveva già accantonato il decreto antimafia Scotti-Martelli. Un’altra azione eclatante rischiava di costringere la classe politica al giro di vite e di rivelarsi un boomerang per Cosa Nostra. Eppure Riina si mostrava tranquillo e diceva agli altri boss, come ha raccontato il pentito Cancemi, di aver avuto garanzie per il futuro direttamente da Berlusconi e Dell’Utri. Per questo, secondo i giudici, l’intervista è fondamentale: Borsellino, “pur mantenendosi cauto e prudente per non rivelare notizie coperte da segreto o riservate, consultando alcuni appunti, forniva indicazioni sulla conoscenza di Mangano con il Dell’Utri e sulla possibilità che il Mangano avesse operato come testa di ponte della mafia in quel medesimo ambiente”. Non si può escludere “che i contenuti dell’intervista siano circolati tra i diversi interessati, che qualcuno ne abbia informato Riina e che questi ne abbia tratto autonomamente le dovute conseguenze, visto che questa Corte ritiene... che il Riina possa aver tenuto presente, per decidere la strage, gli interessi di persone che intendeva ‘garantire per ora e per il futuro”. Cioè Berlusconi e Dell’Utri. L’intervista è “il primo argomento che spiega la fretta, l’urgenza e l’apparente intempestività della strage. (Bisognava) agire prima che in base agli enunciati e ai propositi impliciti di quell’intervista potesse prodursi un qualche irreversibile intervento di tipo giudiziario”.

MARCO TRAVAGLIO - in Il Fatto Quotidiano, 16 dicembre 2009



La trascrizione dell'intervista in versione integrale (a cura di Valentina Culcasi)


Fabrizio Calvì (FC): "Dunque incominciamo. Lei si è occupato di questo maxiprocesso di Palermo, cos'ha fatto signor Giudice in questo maxiprocesso di Palermo?"
Paolo Borsellino (PB): "Mah, io ero uno dei giudici istruttori. Inizialmente eravamo quattro che abbiamo raccolto le dichiarazioni di tutti i collaboratori che sono stati utilizzati in questo processo. Buscetta principalmente, ma anche tanti altri collaboratori minori che hanno dato un apporto dal punto di vista giudiziario, strettamente giudiziario, non meno consistente di quello di Buscetta. E poi ho redatto nell'estate dell'85, ho redatto il provvedimento conclusivo del processo che va come ordinanza, maxi ordinanza, sulla base della quale si è svolto poi il giudizio di primo grado".

FC: "Conosce bene gli imputati?"
PB: "Beh, pressoché tutti gli imputati".

FC: "Quanti sono?"
PB: "Beh, gli imputati del maxiprocesso erano circa 800. Ne furono rinviati a giudizio 475".

FC: "Tra questi 475 ce n'è uno che ci interessa, è un tale Vittorio Mangano. Lei lo conosce? Ha avuto a che fare con lui?"

PB "Si, Vittorio Mangano l'ho conosciuto anche in periodo antecedente al maxiprocesso, precisamente negli anni tra il '75 e l'80, ricordo di aver istruito un procedimento che riguardava una delle estorsioni fatte a carico di talune cliniche private palermitane".

{PB al telefono: "Ah pronto, pronto, pronto... se possiamo sospendere un istante. Pronto Nino, senti volevo sapere com'è andata stamattina... si... si..."}

FC: "Tra queste centinaia d'imputati ce n'è uno che ci interessa, è un tale Vittorio Mangano. Lei l'ha conosciuto?"
PB: "Sì, Vittorio Mangano l'ho conosciuto in epoca addirittura antecedente al maxiprocesso perché fra il '74 e il '75 Vittorio Mangano restò coinvolto in un’altra indagine che riguardava talune estorsioni fatte in danno di talune cliniche private che presentavano una caratteristica particolare: ai titolari di queste erano inviati dei cartoni con all'interno una testa di cane mozzata. L'indagine fu particolarmente fortunata perché attraverso la marca dei cartoni e attraverso dei numeri che sui cartoni usava mettere la casa produttrice, si poté rapidamente individuare chi li aveva acquistati e attraverso un'ispezione fatta in un giardino di una salumeria, un negozio di vendita di salumi, che risultava avere acquistato questi cartoni si scoprirono all'interno sepolti in questo giardino i cani con la testa mozzata. Vittorio Mangano restò coinvolto in questa inchiesta perché venne accertata la sua presenza in quel periodo come ospite o qualcosa del genere... Ora i miei ricordi sono un po’ affievoliti, di questa famiglia, credo che si chiamasse Guddo che era stata l'autrice materiale delle estorsioni. Fu processato, non ricordo quale sia stato l'esito del procedimento, però fu questo il primo incontro processuale che io ebbi con Vittorio Mangano, che poi ho ritrovato nel maxiprocesso perché Vittorio Mangano fu indicato sia da Buscetta che da Contorno come uomo d'onore appartenente a Cosa Nostra".

FC: "Uomo d'onore di che famiglia?"

PB: "Uomo d'onore della famiglia di Pippo Calò, cioè di quel personaggio capo della famiglia di Porta Nuova, famiglia della quale originariamente faceva parte lo stesso Buscetta. Si accertò che Vittorio Mangano (ma questo già risultava dal procedimento precedente che avevo istruito io e risultava altresì da un procedimento, cosiddetto procedimento Spatola, che Falcone aveva istruito negli anni immediatamente precedenti al maxiprocesso), che Vittorio Mangano risiedeva abitualmente a Milano, città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva un terminale del traffico di droga, di traffici di droga che conducevano le famiglie palermitane".

FC: "E questo Mangano Vittorio faceva il traffico di droga a Milano?"
PB: "Il Mangano... Vittorio Mangano, se ci vogliamo limitare a quelle che furono le emergenze probatorie più importanti, risulta l'interlocutore di una telefonata intercorsa fra Milano e Palermo, nel corso della quale lui conversando con un altro personaggio delle famiglie mafiose palermitane preannuncia, o tratta, l'arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente, secondo il linguaggio convenzionale che si usa nelle intercettazioni telefoniche, come magliette o cavalli. Mangano è stato poi sottoposto al processo dibattimentale ed è stato condannato proprio per questo traffico di droga. Credo che non venne condannato per associazione mafiosa, bensì per associazione semplice. Riportò in primo grado una pena di tredici anni e quattro mesi di reclusione".

FC: "In che anno era?"
PB: "In che anno riportò questa condanna? Riportò questa condanna in primo grado nel millenovecento... all'inizio del 1988. Ne aveva già scontato un buon numero di questa condanna e in appello, per le notizie che io ho, la pena è stata sensibilmente ridotta".

FC: "Dunque quando Mangano al telefono parlava di droga diceva cavalli?"

PB: "Diceva cavalli e diceva magliette talvolta".

FC: "Perché se ricordo bene nell'inchiesta della San Valentino un'intercettazione tra lui e Marcello Dell'Utri in cui si parla di cavalli..."
PB: "Si, e comunque non è la prima volta che viene utilizzata. Probabilmente non so se si tratti della stessa intercettazione, se mi consente di consultare... No, questa intercettazione in cui si parla di cavalli è un'intercettazione che avviene tra lui e uno della famiglia degli Inzerillo".

FC: "Ma ce n'è un'altra nella San Valentino con lui e Dell'Utri".
PB: "Si, il processo di San Valentino, sebbene io l'abbia gestito per qualche mese poiché mi fu assegnato a Palermo allorché i giudici romani si dichiararono incompetenti e lo trasmisero a Palermo. Io mi limitai a sollevare a mia volta un conflitto di competenza davanti alla Cassazione. Conflitto di competenza che fu accolto, quindi il processo ritornò a Roma o a Milano, in questo momento non ricordo. Conseguentemente non è un processo che io conosca bene in tutti i suoi dettagli perché appunto non l'ho istruito, mi sono dichiarato incompetente".

FC: "Comunque lei, in quanto esperto, lei può dire che quando Mangano parla di cavalli al telefono vuol dire droga?"

PB: "Si, tra l'altro questa tesi dei cavalli che vogliono dire droga è una tesi che fu asseverata nella nostra ordinanza istruttoria e che poi fu accolta a dibattimento. Tant'è che Mangano fu condannato al dibattimento del maxiprocesso per traffico di droga... Fu condannato esattamente a 13 anni e 4 mesi di reclusione più 70 mila lire... 70 milioni di multa. E la sentenza di corte d'appello confermò questa decisione del primo grado sebbene, da quanto io rilevo dalle carte, vi sia stata una sensibile riduzione della pena".

FC: "E Dell'Utri non c'entra in queste schede?"

PB: "Dell'Utri non è stato imputato del maxiprocesso per quanto io ne ricordi. So che esistono indagini che lo riguardano e che riguardano insieme Mangano".

FC: "A Palermo?"

PB: "Si, credo che ci sia un' indagine che attualmente è a Palermo, con il vecchio rito processuale, nelle mani del giudice istruttore, ma non ne conosco i particolari".

FC: "Dell'Utri, Marcello Dell'Utri o Alberto Dell'Utri?"
PB: "Non ne conosco i particolari, potrei consultare avendo preso qualche appunto... cioè si parla di Dell'Utri Marcello e Alberto, entrambi".

FC: "Quelli della Publitalia insomma?"
PB: "Si".

FC: "E tornando a Mangano... la connessione tra Mangano e Dell'Utri?"
PB: "Si tratta di atti processuali dei quali non mi sono personalmente occupato, quindi sui quali non potrei riferire nulla con cognizione di causa. Posso ulteriormente riferire che successivamente al maxiprocesso, o almeno all'istruzione del maxiprocesso, di questo Vittorio Mangano parlò pure Calderone che ribadì la sua posizione di uomo d'onore e parlò pure di un incontro con Mangano avuto da Calderone, credo nella villa di... nella tenuta agricola di Michele Greco. Insieme dove lo conobbe mentre si era ivi recato dopo aver compiuto un omicidio, almeno questo lo dice Calderone, assieme a Rosario Riccobono. Dello stesso Mangano ha parlato anche a lungo un pentito minore che è recentemente deceduto, un certo Calzetta, il quale ha parlato dei rapporti fra quel suddetto Mangano e una famiglia del Corso dei Mille, la famiglia Zancla i cui esponenti furono sottoposti a processo... erano tutti imputati nel maxiprocesso".

FC: "La prima volta che l'ha visto quando era?"

PB: "La prima volta che l'ho visto...l'ho visto, anche se fisicamente non lo ricordo, l'ho visto fra il '70 ed il '75".

FC: "Per l'interrogatorio?"
PB: "Per l'interrogatorio, si".

FC: "E dopo è stato arrestato?"

PB: "Fu arrestato fra il '70 ed il '75. Fisicamente non ricordo il momento in cui lo vidi nel corso del maxiprocesso perché non ricordo neanche di averlo interrogato personalmente io. Comunque si tratta di ricordi che cominciano ad essere un po’ sbiaditi in considerazione del fatto che sono passati abbondantemente dieci anni, quasi dieci anni".

FC: "A Palermo?"
PB: "Si. Si, a Palermo. La prima volta sicuramente a Palermo".

FC: "Quando?"

PB: "Fra il '70 ed il '75 e dopo... cioè fra il '75 e l'80. Probabilmente sarà stato a metà strada fra il '75 e l'80".

FC: "Ma lui viveva già a Milano?"
PB: "Beh, lui sicuramente era dimorante a Milano anche se risultò... lui stesso affermava di avere...di spostarsi frequentemente fra Milano e Palermo".

FC: "E si sa cosa faceva... lei sa cosa faceva a Milano?"

PB: "A Milano credo che lui dichiarò di gestire un'agenzia ippica o qualcosa del genere. E comunque che avesse questa passione di cavalli risulta effettivamente la verità perché anche nel processo questo delle estorsioni di cui ho parlato, non ricordo a che proposito, venivano fuori dei cavalli effettivamente cavalli, non cavalli come parola che mascherava il traffico di stupefacenti".

FC: "Si, ma quella conversazione con Dell'Utri poteva anche trattarsi di cavalli?"
PB: "Beh, nella conversazione inserita nel maxiprocesso, se non piglio errore, si parla di cavalli che devono essere mandati in un albergo... Quindi non credo che potesse trattarsi effettivamente di cavalli. Se qualcuno mi deve recapitare due cavalli me li recapita all'ippodromo o comunque al maneggio, non certamente dentro l'albergo".

FC: "In un albergo dove?"

PB: "Ho vaghi ricordi, ma probabilmente si tratta del Plaza o di qualcosa del genere, si".

FC: "Di che città?"
PB: "Di Milano".

FC: "Ah, per di più!"
PB: "Si".

FC: "E a Milano non ha altre precisioni sulla sua vita, su che cosa faceva?"
PB: "Guardi se avessi possibilità di consultare gli atti del procedimento molti ricordi mi riaffiorerebbero, ma ripeto si tratta di ricordi ormai un po’ sbiaditi dal tempo".

FC: "Si è detto che ha lavorato per Berlusconi..."
PB: "Non le saprei dire in proposito anche se dico... debbo far presente che come magistrato ho una certa ritrosia a dire le cose di cui non sono certo poiché ci sono addirittura... so che ci sono addirittura ancora delle indagini in corso in proposito, per le quali non conosco addirittura quali degli atti siano ormai conosciuti ed ostensibili e quali debbono rimanere segreti. Questa vicenda che riguarderebbe i suoi rapporti con Berlusconi è una vicenda, che la ricordi o non la ricordi, comunque è una vicenda che non mi appartiene. Non sono io il magistrato che se ne occupa, quindi non mi sento autorizzato a dirle nulla".

FC: "Ma c'è un’inchiesta ancora aperta?"
PB: "So che c'è un’inchiesta ancora aperta".

FC: "Su Mangano e Berlusconi? A Palermo?"
PB: "Su Mangano credo proprio di si, o comunque ci sono delle indagini istruttorie che riguardano rapporti di polizia concernenti anche il Mangano. Questa parte dovrebbe essere richiesta a Guarnotta che ne ha la disponibilità, quindi non so io se sono cose che possono dirsi in questo momento".

FC: "Ma lui comunque era uomo d'onore negli anni 70, no?"
PB: "Beh, secondo le dichiarazioni di Buscetta, Buscetta lo conobbe già come uomo d'onore in un periodo in cui furono detenuti assieme a Palermo, periodo antecedente agli anni '80. Ritengo che Buscetta si riferisca proprio al periodo in cui Mangano fu detenuto a Palermo a causa di quelle estorsioni del processo dei cani con le teste mozzate di cui ho parlato prima".

FC: "Ma Buscetta come fa a dire che Mangano era un uomo d'onore?"
PB: "Evidentemente Buscetta precisa ogni qualvolta indica una persona come uomo d'onore, precisa quali siano state le modalità di presentazione di cui lui ha parlato in generale nelle sue dichiarazioni e poi specificamente ne parla con riferimento a ogni singola persona accusata. Cioè la presenza di un terzo uomo d'onore che garantendo della qualità di entrambe le persone che si presentano, presenta l'uno all'altro e l'altro all'uno".

FC: "E' un rito?"

PB: "Secondo il rituale, si tratta proprio di un rituale, descritto non soltanto da Buscetta, ma descritto anche da Contorno e descritto da tutti i pentiti, descritto da Calderone e descritto da altri pentiti minori. Gli uomini d'onore non possono scambievolmente presentarsi se non vi è la presenza di un terzo uomo d'onore che già è stato presentato ad entrambi e quindi sia in grado di rivelare all'uno la qualità di uomo d'onore dell'altro. E' un rito di Cosa Nostra del quale abbiamo trovato decine e decine di conferme".

FC: "Lei nelle sue carte non ha la data esatta dell'arresto di Mangano negli anni '70?"
PB: "Guardi le posso dire che non ho la data esatta dell'arresto di Mangano perché mi manca il documento. Però Buscetta parla di un incontro avvenuto nel carcere... con Mangano nel carcere di Palermo, un incontro avvenuto nel 1977. Mangano negò in un primo momento che vi fosse stata questa possibilità di incontro tra lui e Buscetta. Gli accertamenti espletati permisero di accettare che sia il Mangano che il Buscetta erano stati detenuti assieme all'Ucciardone proprio nel 1977 e probabilmente forse in qualche anno prima o dopo il ‘77".

FC: "‘77... vuol dire che era dopo che Mangano aveva cominciato a lavorare per Berlusconi?"
(Paolo Borsellino fa cenno di non sapere o non potere rispondere)

FC: "Da quanto sappiamo lui ha cominciato a lavorare nel '75".
PB: "Le posso dire che sia Mangano che Buscetta... ehm sia Buscetta che Contorno non forniscono altri particolari circa il momento in cui Mangano sarebbe stato fatto uomo d'onore".

FC: "Lei sa come Mangano e dell'Utri si sono conosciuti?"

PB: "No. Non lo so perché questa parte dei rapporti di Mangano, ripeto, non fa parte delle indagini che ho svolto io personalmente, conseguentemente quello che ne so io è quello che può risultare dai giornali o da qualsiasi altra fonte di conoscenza. Non è comunque mai una conoscenza professionale mia e sul punto peraltro non ho ricordi".

FC: "Sono di Palermo tutti e due?"
PB: "Non è una considerazione che induce ad alcuna conclusione perché Palermo è una città, diversamente come ad esempio Catania dove le famiglie mafiose erano composte di non più di una trentina di persone, almeno originariamente, in cui gli uomini d'onore sfioravano, ufficiali, sfioravano duemila persone secondo quanto ci racconta ad esempio Calderone. Quindi il fatto che fossero di Palermo tutti e due non è detto che si conoscessero".

FC: "Un socio di Dell'Utri, un tale Filippo Rapisarda che dice che ha conosciuto Dell'Utri tramite qualcuno della famiglia di Stefano Bontade".
PB: "Guardi Mangano era della famiglia di Porta Nuova, cioè la famiglia di Calò. Comunque considerando che Cosa nostra è..." - (interruzione della Signora Borsellino per un’auto da spostare)-

FC: "Rifaccio la domanda: c'è un socio di Marcello Dell'Utri, tale Filippo Rapisarda che dice che questo Dell'Utri gli è stato presentato da uno della famiglia di Stefano Bontade".
PB: "Beh considerato che Mangano ricordo appartenesse alla famiglia di Pippo Calò, evidentemente non sarà stato Mangano...non sarà stato qualcuno del... cioè non saprei individuare chi potesse averglielo presentato. Comunque tenga presente che nonostante Palermo sia la città della Sicilia dove le famiglie mafiose erano più numerose... si è parlato addirittura in certi periodi almeno di duemila uomini d'onore con famiglie numerosissime. La famiglia di Stefano Bontade sembra che in certi periodi ne contasse almeno duecento e si trattava comunque di famiglie appartenenti ad un’unica organizzazione, cioè Cosa Nostra, e quindi i cui membri in gran parte si conoscevano tutti e quindi è presumibile che questo Rapisarda riferisca una circostanza vera".

FC: "Lei di Rapisarda ne ha sentito parlare?"
PB: "Rapisarda, so dell'esistenza di Rapisarda, ma non me ne sono mai occupato personalmente".

FC: "A Palermo c'è un giudice che se n'è occupato?"
PB: "Credo che attualmente se ne occupi, se vi è una inchiesta aperta anche nei suoi confronti, se ne occupi il giudice istruttore. Cioè l'ultimo degli appartenenti, cioè il collega Guarnotta, cioè l'ultimo degli appartenenti al pool antimafia che è rimasto in quell'ufficio a trattare i processi che ancora si svolgono col rito... col vecchio codice di procedura penale".

FC: "Perché a quanto pare Rapisarda e Dell'Utri erano in affari con Ciancimino tramite un tale Alamia".

PB: "Che Alamia fosse in affari con Ciancimino è una circostanza da me conosciuta e che credo risulti anche da qualche processo che si è già celebrato. Per quanto riguarda Dell'Utri e Rapisarda non so fornirle particolari indicazioni trattandosi, ripeto, sempre di indagini di cui non mi sono occupato personalmente".

FC: "Ma questo Ciancimino, ex sindaco di Palermo, è un mafioso?"

PB: "Ciancimino è stato colpito da mandato di cattura, nel periodo in cui io lavoravo ancora a Palermo presso l'ufficio istruzione, proprio per la sua supposta appartenenza a Cosa Nostra. Procedimento che si è svolto a dibattimento in epoca estremamente recente e nel corso del quale è stato condannato, conseguentemente è stato accertato giudizialmente almeno in primo grado la sua appartenenza a Cosa Nostra".

FC: "A cosa è stato condannato?"
PB: "Non ricordo esattamente. Si tratta di una sentenza di qualche mese fa della quale comunque non ricordo... Ricordo la condanna ma non ricordo gli anni relativi alla condanna. E' chiaro che quando si fa riferimento a Cosa Nostra dal punto di vista dell’organo giudiziario penale italiano, non viene considerato sempre necessario che la persona sia uomo d'onore all'interno di Cosa Nostra perché queste sono regole dell'ordinamento giuridico mafioso. In Italia, secondo l'ordinamento giuridico statuale si può essere condannati per 416 bis, cioè per associazione mafiosa, anche se (ndr) non appartenenti ritualmente, a seguito di una regolare e rituale iniziazione, a Cosa Nostra. Faccio l'esempio, peraltro molto diffuso nelle indagini che sono state fatte, di una famiglia che si avvale di Cosa Nostra, che si avvale per la consumazione, abitualmente, per la consumazione di taluni delitti di sangue di giovani non ancora inseriti in Cosa Nostra.. diciamo in periodi di tirocinio. Questo secondo l'ordinamento giuridico statuale, questi giovani killer che vengono reclutati da Cosa Nostra, ma non ancora ritualmente inseriti secondo la rituale cerimonia nell'organizzazione, fanno comunque parte dell'organizzazione criminosa secondo l'ordinamento giuridico statuale".

FC: "Lei in quanto uomo, non più in quanto giudice, come giudica la fusione che si opera, che abbiamo visto operarsi, tra industriali al di sopra di ogni sospetto come Berlusconi o Dell'Utri e uomini di onore di Cosa Nostra. Cioè Cosa Nostra si interessa all'industria?"
PB: "Beh, a prescindere da ogni riferimento personale perché ripeto con riferimento a questi nominativi che lei ha fatto, io non ho personali elementi tali da poter esprimere opinioni. Ma considerando la faccenda nel suo atteggiarsi generale allorché l'organizzazione mafiosa, la quale sino agli anni '70, sino all'inizio degli anni '70 aveva avuto una caratterizzazione di interessi prevalentemente agricoli o al più di sfruttamento di aree edificabili, all'inizio degli anni '70 in poi Cosa Nostra cominciò a diventare un'impresa anch'essa.. un'impresa nel senso che attraverso l'inserimento sempre più notevole che a un certo punto diventò addirittura monopolistico nel traffico di sostanze stupefacenti... Cosa Nostra cominciò a gestire una massa enorme di capitali. Una massa enorme di capitali dei quali naturalmente cercò lo sbocco perché questi capitali in parte venivano esportati o depositati all'estero. E allora così si spiega la vicinanza fra elementi di Cosa Nostra e certi finanzieri che si occupavano di questi movimenti di capitali, contestualmente Cosa Nosta cominciò a porsi il problema e ad effettuare degli investimenti leciti o para leciti, come noi li chiamiamo, di capitali. Naturalmente per questa ragione cominciò a seguire vie parallele e talvolta tangenziali alla industria operante anche nel nord, della quale in un certo qual modo... alla quale in un certo qual modo si avvicinò per potere utilizzare le capacità... quelle capacità imprenditoriali al fine di far fruttare questi capitali dei quali si era trovata in possesso".

FC: "Dunque lei mi dice che è normale che Cosa Nostra si interessa a Berlusconi?"

PB: "E' normale il fatto che chi è titolare di grosse quantità di denaro cerca gli strumenti per potere questo denaro impiegare, sia dal punto di vista del riciclaggio, sia dal punto di vista di far fruttare questo denaro. Naturalmente queste esigenze, queste necessità per le quali l'organizzazione criminosa a un certo punto della sua vita storica si è trovata di fronte, hanno portato ad una naturale ricerca degli strumenti industriali e degli strumenti commerciali per dover far trovare uno sbocco a questi capitali. E quindi non mi meraviglia affatto che a un certo punto della sua storia Cosa Nostra si è trovata in contatto con questi ambienti industriali".

FC: "E uno come Mangano può essere l'elemento di connessione tra questi due mondi?"
PB: "Beh guardi Mangano è una persona che già in epoca, oramai diciamo databile abbondantemente di due decenni almeno, era una persona che già operava a Milano. Era inserita in un qualche modo in una attività commerciale. E' chiaro che era una delle persone, vorrei dire anche una delle poche persone, di Cosa Nostra che erano in grado di gestire questi rapporti".

FC: "Però lui si occupava anche di traffico di droga, l'abbiamo visto, ma anche di sequestro di persona".

PB: "Mah, tutti quei mafiosi che in quegli anni (siamo probabilmente alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70), che approdarono a Milano e fra questi non dimentichiamo che c'è pure Luciano Liggio, cercarono di procurarsi quei capitali che poi investirono nel traffico delle sostanze stupefacenti, anche con i sequestri di persona. Lo stesso Luciano Liggio fu coinvolto in alcuni clamorosi processi che riguardavano sequestri di persona. Ora non ricordo se si trattasse ad esempio di quelli di Rossi di Montelera, ma probabilmente fu proprio uno di questi e diversi personaggi che ancora troviamo come protagonisti di vicende mafiose, a Milano si dedicarono a questo tipo di attività che invece, salvo alcuni fatti clamorosi che costituiscono comunque l'eccezione, sequestri di persona che invece ad un certo punto Cosa Nostra si diede come regola di non gestire mai in Sicilia".

FC: "Un investigatore ci ha detto che al momento in cui Mangano lavorava per Berlusconi, c'è stato un sequestro, non a casa di Berlusconi però, di un invitato che usciva dalla casa di Berlusconi".
PB: "Non sono a conoscenza di questo episodio".

FC: "E questo sequestro fu opera insomma, fu implicato dentro un tale Pietro Vernengo".
PB: "Ritengo possa trattarsi, anche perché non ne conosco altri con questo nome, del mafioso che è stato protagonista di alcune vicende che hanno avuto estremo risalto in stampa in questi ultimi tempi... cioè Pietro Vernengo, appartenente alla famiglia mafiosa credo di Santa Maria di Gesù che fu condannato all'ergastolo nel maxiprocesso con sentenza confermata in appello per aver...era imputato addirittura di 99 omicidi e per qualcuno di essi è stato condannato. Pietro Vernengo, personaggio che fu sicuramente uno dei più importanti del maxiprocesso fra quelli coinvolti, sia nel traffico dei tabacchi lavorati esteri all'inizio che nel traffico delle sostanze stupefacenti poi. Anzi credo che un congiunto di Pietro Vernengo sia quel Di Salvo che risultò titolare di una delle raffinerie di droga scoperte a Palermo, proprio nella città di Palermo e precisamente nella zona di Romagnolo acqua dei corsari, una raffineria che fu scoperta mentre era ancora in funzione".

FC: "Avete detto maxiprocesso... Vernengo è stato giudicato con Mangano?"
PB: "Vernengo è stato giudicato nel maxiprocesso con Mangano".

FC: "Loro due si conoscevano?"
PB: "Non lo ricordo se sono state fatte domande del genere o accertamenti del genere".

FC: "Mangano è più o meno un pesce pilota, non so come si dice, un'avanguardia".
PB: "Si, guardi le posso dire che era uno di quei personaggi che, ecco erano i ponti, le teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel nord Italia. Ce n'erano parecchi ma non moltissimi, almeno fra quelli individuati. Altro personaggio che risiedeva stabilmente a Milano era uno dei Bono. Credo che Alfredo Bono, che nonostante fosse capo della famiglia di Bolognetta, che è un paese vicino Palermo, risiedeva abitualmente a Milano. Nel maxiprocesso, in realtà debbo dire Mangano non appare come uno degli imputati principali. Non c'è dubbio comunque che, almeno con riferimento al maxiprocesso, è un personaggio che suscitò parecchio interesse anche per questo suo ruolo un po' diverso da quello attinente specificatamente alla mafia militare, anche se le dichiarazioni di Calderone lo indicano anche come uno che non disdegnava neanche questo ruolo militare all'interno dell'organizzazione mafiosa. Se mal non ricordo, Calderone parla di un incontro con Mangano avvenuto in un fondo di Stefano Bontade, dove il Mangano e Rosario Riccobono sopravvenuti nel frangente, si dicevano reduci da un’operazione di sangue, o qualcosa del genere. Debbo dire che l'esito processuale però delle dichiarazioni di Calderone è stato un esito deludente poiché dal punto di vista strettamente giudiziario, cioè delle condanne con riferimento agli accusati, delle dichiarazioni di Calderone è rimasto ben poco. E' rimasto ben poco probabilmente perchè in concomitanza con le dichiarazioni di Calderone è sopravvenuta quella dirompente sentenza, o decisione, della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha disconosciuto l'unitarietà della organizzazione criminosa Cosa Nostra, sostenendo che trattavasi invece di tante famiglie, o tante organizzazioni, aventi ognuna una propria collocazione territoriale cosicché il procedimento derivante dalla dichiarazione di Calderone è stato spezzettato, credo in dieci o dodici tronconi, pochi dei quali restano ancora in piede e nessuno dei quali credo abbia avuto sino ad ora un esito dibattimentale definitivo e soddisfacente dal punto di vista dell'accusa".

FC: "Dunque Mangano era uno capace di partecipare ad azioni militari?"
PB: "Secondo le dichiarazioni di Calderone si".

FC: "Quali azioni militari non si sa?"
PB: "Mah, ripeto... Calderone parla di un incontro con questo Mangano avvenuto nel fondo di Bontade, nel quale Mangano e Rosario Riccobono si dicevano reduci di un’azione di sangue".

FC: "Quando?"
PB: "Il periodo credo che sia un periodo di poco precedente all'omicidio di Di Cristina, quindi dovremmo essere prima del 1978".

FC: "Subito dopo la sua scarcerazione?"
PB: "Non saprei essere più preciso perché dovrei consultare gli atti. E' citato in questo libro di Arlacchi questo episodio. Ne parla una sola volta in questo libro.... Ah, dice nel 1976. Un giorno del '76 quindi, io ricordavo nel '77. [PB legge: Mi trovavo nella tenuta favarella insieme a Pippo, eravamo seduti a discutere con Michele Greco]. Ecco non è Bontade, è Michele Greco, ora che.... Io ricordavo la tenuta di Bontade, mentre si tratta della tenuta di Michele Greco. [...a discutere con Michele Greco quando arrivarono Rosario Riccobono e Vittorio Mangano, uomo d'onore di Pippo Calò, che avevo già incontrato a Milano. Erano venuti per informare Greco dell'avvenuta esecuzione di un ordine, avevano appena eliminato il responsabile di un sequestro di una donna e avevano pure liberato l'ostaggio]. Penso di ricordare anche a quale delitto si riferisce il Calderone. Perché in quell'epoca credo che venne sequestrata a Monreale una certa Gabriella o Graziella Mandalà, la quale qualche giorno dopo, appena otto giorni dopo ricomparve, fu liberata. E subito dopo si verificarono tutta una serie di delitti estremamente raccapriccianti, un tizio che probabilmente era sospettato di aver partecipato al sequestro fu ritrovato addirittura nella circonvallazione dentro un sacco di [interruzione] ...con riferimento al suo incontro con Mangano".

FC: "Fatto da Mangano?"

PB: "Calderone lascia capire in questo modo. Almeno da queste dichiarazioni che vedo riportate nel libro di Arlacchi. Anzi credo che Calderone cita proprio questo fatto che mi ha fatto ricordare...(interruzione)...
Dell'uccisione fatta da Liggio di due donne della quale una viene stuprata e uccisa, una ragazza di 14 anni o 15 anni, che viene stuprata e uccisa subito dopo. Si tratterebbe di un delitto analogo a quello per cui un tizio stamattina è...(interruzione)."

PB: "Ci sono tutta una serie di appunti, di schede e di computer attraverso le quali occorre però risalire alla documentazione, delle quali alcuni sono sicuramente ostensibili perché fanno parte del maxiprocesso e ormai il maxiprocesso è conosciuto, è pubblico. Alcuni non lo sono perché riguardano indagini in corso, li dovrei fare esaminare da Guarnotta per…"

FC: "No dicevo solo quei fogli di computer".

PB: "Eh si però qualcuno di questi fogli di computer riguarda, per esempio, sta faccenda di Dell'Utri, Berlusconi, e non so sino a che punto sono ostensibili... Io glieli do, l'importante che lei non dica che glieli ho dati io... Sono soltanto...ecco questo computer è organizzato in questo modo, questo è un indice sostanzialmente perché attraverso queste indicazioni noi cerchiamo "Vittorio Mangano" ed il computer ci tira fuori tutti gli indici degli atti dove sappiamo che c'è il nome Vittorio Mangano. Però non sono gli atti, è l'indicazione di come si possono andare a trovare perché poi il processo è microfilmato, c'è lì una cosa, si cerca il microfilm e si tirano fuori. Cosa non sempre facile perché ormai 'ste bobine microfilm sono diventate numerosissime".





Paolo Borsellino. The hidden interview (translated by Christina Pacella)


Fabrizio Calvi (FC): Ok, let's begin. You worked on the maxi trial of Palermo. What was your role in the maxi trial of Palermo Judge Borsellino?

Paolo Borsellino (PB): Well, I was one of the investigating magistrates, at the beginning there were four of us who collected the testimonies of the justice collaborators who were used during this trial. Mainly Buscetta but we also listened to many other minor collaborators. They contributed from a strictly judicial point of view and their help was not less consistent than Buscetta's. Then I wrote, in the summer of '85. I drew up the concluding judiciary order of the trial which serves as an order of the Court, a maxi order. It was then on the basis of this maxi order that the trial in first degree took place.


FC: Do you know the defendants well?

PB: Well, nearly all the defendants.


FC: How many were there?


PB: Well, there were about 800 defendants in the maxi trial. 475 of them were indicted.


FC: Among these 475 defendants there is one who interests us, a certain Vittorio Mangano. Do you know him? Did you have anything to do with him?


PB: Yes, I met Vittorio Mangano even before the maxi trial, precisely between 1975 and 1980. I remember drawing up a judiciary order which concerned one of the extortions inflicted on a certain number of private clinics in Palermo.


{A telephone call comes in: Oh, hello, hello, hello...could we suspend for a moment. Hello Nino, listen I wanted to know how things went this morning...yes...yes...}


FC: Among the hundreds of defendants there is one who is of interest to us, a certain Vittorio Mangano. Did you meet him?


PB: Yes, I met Vittorio Mangano even before the maxi trial. Between '74 and '75 Vittorio Mangano was involved in another investigation which had to do with extortions inflicted on a number of private clinics. The extortions presented a few peculiar characteristics. Cardboard boxes containing chopped off dog heads were sent to the owners of the clinics. Investigators were fortunate because through the brand name of the boxes as well as through a series of numbers printed on the boxes by the production firm they were able to identify the purchasers. An inspection carried out in the backyard of a deli shop, a shop which resulted to be one of the buyers of the cardboard boxes, revealed the presence of the bodies of the dogs whose heads had been chopped off. Vittorio Mangano was involved in this inquiry because at the time he had been a guest, or something along those lines, my memories have faded a little, with this family. I believe their name was Guddo who had...they had been the material authors of the extortions. He was put on trial, I don't remember how the trial turned out, however this had been my first judiciary encounter with Vittorio Mangano. He then reappeared in the maxi trial because Buscetta and Contorno identified him as a man of honor who belonged to Cosa Nostra.


FC: A man of honor from which family?


PB: A man of honor from Pippo Calo's family, the character who was the head of the family from Portanuova, originally Buscetta had also been part of that family. It was ascertained that Vittorio Mangano, but this had already been verified during a former proceeding drawn up by myself as well as during the course of a proceeding called “Spatola” drawn up by Falcone in the years immediately preceding the maxi trial, that Mangano lived in Milan. Numerous telephone interceptions revealed that the city of Milan was a terminal for drug trafficking , trafficking which was controlled by families in Palermo.


FC: And this Mangano Vittorio did drug trafficking in Milan?


PB: If we limit ourselves to the probationary emergencies , the most important ones, Mangano...Vittorio Mangano, turns out to be one of the speakers of a telephone call which took place between Milan and Palermo. During the call, as he was speaking to another person from one of the families in Palermo Mangano gives notice, or negotiates, the arrival of a shipment of heroin, which, in conventional telephone interceptive language is referred to as “t-shirts or horses”. Mangano then underwent trial and was sentenced for this drug trafficking. I don't believe he was sentenced for mafia association, but only for simple association. He was sentenced in first degree to thirteen years and four months of imprisonment.


FC: What year was it? What year does this sentence go back to?

PB: This first degree sentence was pronounced in nineteen...at the beginning of 1988. He had served a fair part of this sentence and, in appeal, as far as I know, his punishment was reduced considerably.


FC: Therefore, when Mangano spoke of drugs on the telephone he used the word horses?


PB: Sometimes he said horses and other times t-shirts.


FC: Because, if I recall correctly, in the San Valentino inquiry there is a telephone interception between Mangano and Marcello Dell'Utri in which horses are mentioned...

PB: Yes, and it's been used other times. Probably, I don't know if we're talking about the same interception, let me check a moment... No, the interception that mentions horses is between Mangano and a man from the Inzerillo family.


FC: But there is another one from the San Valentino inquiry between him and Dell'Utri.

PB: Yes, the San Valentino trial. I handled the case for a few months. It was assigned to me in Palermo because Roman judges declared themselves incompetent and handed it over to us. I raised the issue of my conflict of competency before the Supreme Court. The conflict of competency was approved and the case was sent back to Rome or Milan, at the moment I don't remember where. Therefore I don't know this trial in all it's details because I didn't look after it, I declared myself incompetent.


FC: However, as an expert, can you state that when Mangano talks about horses on the telephone he means drugs?


PB: Yes, this theory about horses meaning drugs is a theory which was supported within our investigative order. It was then approved during the hearing. Actually, Mangano was sentenced for drug trafficking during the maxi trial hearing... he was sentenced exactly to 13 years, four months of imprisonment plus he had to pay a fine of seventy thousand lire...seventy million lire. The court of appeal's sentence confirmed this decision in first degree even though, as far as I can see from the documentation provided, there had been a substantial reduction of the penalty.


FC: And Dell'Utri has nothing to do with all this?

PB: I don't recall Dell'Utri being a defendant in the maxi trial. I know there are investigations open which concern him as well as Mangano toghether.


FC: In Palermo?

PB: Yes, I believe there is an investigation being carried out in Palermo, according to the old trial ritual. It's assigned to the investigative judge but I don't know the details.


FC: Dell'Utri, Marcello Dell' Utri or Alberto Dell'Utri?

PB: I don't know the details, let me take a look through my notes... ok, we're talking about both Dell'Utri Marcello and Alberto.


FC: The ones from Publitalia to be clear?

PB: Yes.


FC: Going back to Mangano... what is the connection between Mangano and Dell'Utri?


PB: This concerns trial proceedings which I did not handle personally, therefore, I can't report anything that would be based on actual knowledge of the facts. What I can say ,is that following the maxi trial or at least following the draw up of the maxi trial, Calderone also spoke of this Vittorio Mangano. He confirmed him as being a man of honor. Calderone spoke of a meeting he had with Mangano at Michele Greco's villa... at his countryside estate. He had gone there right after having committed a murder, at least this is what Calderone and Rosario Riccobono declare. A minor justice collaborator, who has recently passed away, a certain Calzetta spoke a great deal of Mangano. He spoke of the relation between Mangano and one of the families from Corso dei Mille, the Zancla family. The members of that family all underwent trial... all of them were defendants in the maxi trial.


FC: When was the first time you saw him?


PB: The first time I saw him... I saw him, even though I don't remember what he looked like, I saw him between '70 and '75.


FC: For questioning?

PB: Yes, for questioning.


FC: And then he was arrested?


PB: He was arrested between '70 and '75. I don't recall the moment in which I saw him physically during the maxi trial because I don't even remember questioning him personally. However, these are memories which are beginning to fade considering the fact that ten years have passed, nearly ten years.


FC: In Palermo?


PB: Yes, yes, in Palermo. The first time was surely in Palermo.


FC: When?

PB:Between '70 and '75 and later... so to say between '75 and '80. it was probably half way between '75 and '80.


FC: But he already lived in Milan?


PB: Well, he definitely resided in Milan even though investigations showed... and he himself admitted... that he often moved between milan and Palermo.


FC: What did he do... are you aware of what he was doing in Milan?


PB: I think he affirmed that he ran a horse bidding agency in Milan, something like that anyhow. He actually did have a passion for horses, this is true because during the trial, the one which concerned the extortions that I spoke to you about, horses did come up. Real horses, not horses meant as something to hide drug trafficking.


FC: Yes, but how about the conversation with Dell'Utri, could they have been speaking of horses?


PB: Well, in the conversation heard during the maxi trial, if I'm not wrong, they talk of horses being shipped to a hotel... I don't think they could actually be talking about real horses. Should somebody send me horses they would send them to a racetrack or to a horse ring for me, certainly not to a hotel.


FC: In a hotel where?


PB: My memories are vague, however its probably the Plaza or something along those lines, yes.


FC: Of which city?


PB: Milan.


FC: Oh, really!

PB: Yes.


FC: And, with regards to Milan isn't there any other information about his life, about what he did?


PB: Look, if I had the possibility to review the documents of the legal proceedings of the time I would remember many other events. Right now much of the things I recall are faded because so many years have gone by.


FC: It seems he worked for Berlusconi...


PB: I can't be of much help on this matter although... I must say that as a magistrate I feel uncomfortable talking about events which I am not sure of,... especially since investigations are still being carried out on this matter. I don't know the type of information which can be revealed and which part should remain secret. The issue concerning his relationship with Berlusconi, whether I remember or not, doesn't belong to me. I'm not the magistrate who is looking after it therefore I don't feel authorized to say anything at all.


FC: But there’s an inquiry still open?

PB: I think there’s an inquiry still open.


FC: Is it about Mangano and Berlusconi? In Palermo?


PB: I'm quite sure about the one on Mangano, nonetheless there are investigations which concern police reports that involve Mangano as well. Guarnotta has this part of the information, he's the one you should ask for it. I'm not certain if these issues can be discussed at the moment.


FC: He was a man of honor of the 1970's though, wasn't he?


PB: Well, according to Buscetta. Buscetta had already met him as a man of honor during a period of time they spent in jail together in Palermo. A period of time preceding the 1980's. I believe Buscetta refers exactly to the time in which Mangano was in jail in Palermo because of the extortions concerning the trial which dealt with the dogs whose heads had been chopped off. The one I was talking about before.


FC: But how can Buscetta say that Mangano was a man of honor?

PB: Obviously Buscetta clarifies himself each and every time he speaks of a person as a man of honor, he explains the manner by which the person was presented to him. He does this on a general level when he is releasing statements. He then goes into specifics when referring to each single individual who is being accused. In other words, the presence of a third man of honor guarantees for the quality of both the people who are meeting one another. The third man introduces one to the other.


FC: Is it a ritual?

PB: Precisely, it's a ritual, not only described by Buscetta, it was described by Contorno, it was described by all justice collaborators. Calderone described it, but so did other minor collaborators. Men of honor can't introduce themselves to one another unless there is a third man of honor who has already been presented to both. The third man of honor testifies the the validity of the title as men of honor to both parties involved. It's a Cosa Nostra ritual. We've had dozens and dozens of people confirm this.


FC: Do you have the exact date of Mangano's arrest in the 1970's somewhere in your papers?


PB: Look, I don't have the exact date of Mangano's arrest because I don't have that particular document here with me. However Buscetta talks about a meeting they had in jail... with Mangano ,in jail, in Palermo. A meeting which took place in 1977. At first Mangano denied the possibility of an encounter between Buscetta and himself. Evidence proved that both Mangano and Buscetta had been in prison together at Ucciardone in 1977. They were most likely together a few years before 1977 or for a few years after 1977.


FC: '77... means that it was after Mangano had started working for Berlusconi?

(Paolo Borsellino nods his head claiming that he does not know or cannot give the answer)


FC: As far as we know he started working in '75.


PB: What I can tell you is that both Mangano and Buscetta... ehm both Buscetta and Contorno do not give any further details as to when Mangano became a man of honor.


FC: Do you know how Mangano and Dell'Utri met?


PB: No. I don't know because I wasn't responsible of taking care of this part of the investigations concerning Mangano's relationships. All I know is what's written in the newspapers or from other sources of information. I don't have professional knowledge of these events and I don't recall anything on the matter.


FC: They're both from Palermo aren't they?


PB: This consideration does not lead to any type of conclusion. As opposed to Catania where mafia families counted no more than about thirty members, at least originally, Palermo is a city in which, according to Calderone for example, there were, officially, nearly two thousand men of honor. So, the fact that both men were from Palermo does not mean they knew one another.


FC: A certain Filippo Rapisarda, a partner of Dell'Utri, says that he met Dell'Utri through someone from the Stefano Bontade family.


PB: Mangano was from the Porta Nuova family, Calo's family. However, considering that Cosa Nostra is...

(Mrs. Borsellino politely interrupts the interview because of a car in front of the building that needs to be moved)


FC: I'll ask the question again: a certain Filippo Rapisarda, who is one of Marcello Dell'Utri's partners, claims, that this Marcello Dell'Utri was introduced to him through someone from the Stefano Bontade family.


PB: Well, considering that Mangano belonged to Pippo Calo's family, although it's not likely that Mangano was responsible for the introductions... perhaps it was someone from... I can't imagine who could have introduced him. Nevertheless, keep in mind that Palermo is the Sicilian city where mafia families counted a very large number of members... there were times in which it was easy to count two thousand men of honor with large families themselves. In certain periods of time the Stefano Bontade family counted, at least, two hundred members. These families all belonged to one organization: Cosa Nostra. The members of the organization all knew one another, therefore, what Rapisarda reports is presumably true.


FC: Did you ever hear anything about Rapisarda?


PB: Rapisarda, I know of the existence of Rapisarda but I never dealt with the matter personally.


FC: Is there a judge in Palermo who dealt with the issue?

PB: Should there be an investigation open on him, at the moment, I believe it's being handled by an investigating magistrate, a colleague, his name is Guarnotta. He's from the antimafia pool. Guarnotta is the last judge who still works in that office and deals with trials which still operate according to the old code of criminal procedure.


FC: It appears as though Rapisarda and Dell'Utri were in business with Ciancimino through a man named Alamia.


PB: I know that Alamia was in business with Ciancimino and I believe this information turns up in some of the trials which have already taken place. As for Dell'Utri and Rapisarda I'm not able to give specific details. As I said before, I didn't deal with the investigations myself.


FC: This Ciancimino, former mayor of Palermo, is he a mafioso?

PB: Ciancimino was hit with an arrest warrant when I still worked in Palermo's investigative office. The warrant was issued because he supposedly belonged to Cosa Nostra. The debate hearing took place recently and he was convicted. His affiliation to Cosa Nostra was then confirmed judicially in first degree.


FC: What was his sentence?

PB: I don't remember exactly. The sentence goes back a few months and I don't remember... I remember the conviction but I don't recall how many years he was sentenced to. It's clear that when we're talking about Cosa Nostra from the Italian penal judiciary system's point of view, it's not always necessary for the person to be considered a man of honor just because the mafia's judiciary system works in a certain way. In Italy one can be convicted on the basis of a law called 416 bis, which entails a sentence for mafia association. This type of conviction can be inflicted even on people who have not been initiated ritually by Cosa Nostra... we could call them mafia trainees or interns. Even though these young killers ,recruited by Cosa Nostra, haven't been officially introduced into the organization, State law still considers them as part of the criminal structure.


FC: As a man, not as a magistrate, how would you judge the fusion taking place between business men above suspicion like Berlusconi or Dell'Utri and men of honor from Cosa Nostra. How is it that Cosa Nostra has taken an interest in business?


PB: Well, I don't have enough elements to be able to give a personal opinion apart about the people you just mentioned. But, if we look at the facts in a general context we could notice how up until the '70's , up until the beginning of the '70's the mafia organizations' interests were primarily agricultural or, at the most they tried to exploit suitable building areas. From the beginning of the '70's on, Cosa Nostra itself started to become a business... a business in the sense that the organization's infiltration in drug trafficking became so deep that we could define it a monopoly... Cosa Nostra started to manage a huge mass of capital. Such a huge mass of capital obviously needed to flow into something. Some of the money was exported or deposited abroad. This, for example, could explain ties between Cosa Nostra's men and men from the financial world whose job it was to take care of this moving capital. At the same time Cosa Nostra began making licit or close to licit investments of capital. For this reason their activities became parallel to those of the business world, even up north. They geared toward the business world to be able to use the entrepreneurial skills business had to offer. The end to all this was to make the money they had earned through drug trafficking as productive as possible.


FC: So, what you're saying is that it's normal for Cosa Nostra to take interest in Berlusconi?

PB: Whoever owns large sums of money must look for a way to use that money either by laundering it or by making his money become productive. Such needs and necessities which the criminal organization found itself confronting, naturally brought them to search for the commercial and industrial tools which would allow them to pursue their financial objectives. It wouldn't surprise me at all if, at a certain point, Cosa Nostra found itself in contact with the business environment.


FC: Could someone like Mangano be responsible for connecting these two worlds?


PB: Well, you see, Mangano was already working in Milan. He had been there for some two decades already. In one way or another he was running a commercial activity. It's clear that he was one of the people, I dare say one of the few people, who were able to manage these kind of relationships.


FC: But he was a drug trafficker and kidnapper as well.


PB: During those years, around the end of the '60's and the early '70's , all the mafiosi who came to Milan, even Luciano Liggio, tried to make money to invest in drug trafficking through kidnappings. Luciano Liggio himself was involved in a number of sensational trials which dealt with kidnappings. I don't remember whether he was part of the kidnappings of Rossi or Montelera. Most likely it was one of these as well as a number of other characters who are still present on the mafia scene. In Milan they devoted themselves to this type of activity ,whereas in Sicily, as a rule, Cosa Nostra decided to give up kidnappings in that region.


FC: An investigator told us that when Mangano worked for Berlusconi a kidnapping had taken place, not at Berlusconi's house though. Apparently the person was a guest leaving Berlusconi's home.


PB: I am not aware of such an event.


FC: A certain Pietro Vernengo was responsible for this kidnapping.


PB: I believe the person in question could be the same mafioso who has been in newspapers quite often lately because of a number of incidents which involve him... it must be this Pietro Vernengo, because I don't know anyone else by that name. He belongs to the mafia family called Santa Maria di Gesu'. He was sentenced to life during the maxi trial and the sentence was confirmed during his appeal trial for having... he was accused of having committed 99 murders. He was sentenced for a few of these murders. Pietro Vernengo was surely one of the most important defendants during the maxi trial. At first he was involved in tobacco trafficking abroad, he then started drug trafficking as well. Actually, I think that someone close to Pietro Vernengo, a man called Di Salvo owned one of the drug refineries discovered in Palermo, right in Palermo, in the Romagnolo Acqua dei Corsari area. The refinery was still operating when it was discovered.


FC: You mentioned the maxi trial... was Vernengo tried along with Mangano?


PB: Vernengo was tried during the maxi trial with Mangano.


FC: Did the two know each other?


PB: Mangano is more of a “pilot fish”. I can't think of a better way to describe him. He's an avant-garde. What I can say is that he was one of the leading characters of the mafia organization in Milan. There were a few of these men but not many, at least among those identified. Another personality who resided in Milan belonged to the Bono's. I believe it was Alfredo Bono. Even though he was the boss of the Bolognetta family, which is a town near Palermo, he lived in Milan. I must say, that during the maxi trial, Mangano doesn't appear as one of the key defendants. However, there's no doubt, at least within the maxi trial, that he stirred up a lot of interest. His role withing the criminal organization was a little different than the one which connected him strictly to the military-like part of the mafia, even though Calderone depicts him as a man who was also fond of the military portion of his role in the organization. If my memory doesn't fail me, Calderone speaks of an encounter with Mangano in one of Stefano Bontade's bases, where Mangano and Rosario Riccobono, who arrive during this meeting, tell of the blood operation they had just taken part in. Anyhow,the story went something like that. Another thing I must add is that Calderone's statements, during the trial, had a poor turn out; with regards to the defendants' convictions. From a judiciary point of view little remained of his declarations. Very little remained probably because Calderone's statements coincided with an incredible decision of the Supreme Court which ceased to recognize Cosa Nostra as a unitary criminal organization. The Supreme Court supported the thesis that Cosa Nostra was made up of a multitude of families or of a multitude of organizations. Each one of these families or organizations apparently occupied and headed a certain portion of territory. On the basis of this decision the information provided during Calderone's judicial procedure was divided into ten or twelve parts. Very few of these parts are still considered valid. I believe that none of them have resulted in a satisfactory turn out for prosecution.


FC: Therefore, Mangano was capable of participating in military action?

PB: According to Calderone's statements yes, he was.


FC: Does anyone know to which military actions?

PB: Well, as I said before... Calderone talks about a meeting with this Mangano in one of Bontade's bases. Mangano and Rosario Riccobono tell of a blood operation they had just taken part in.


FC: When?


PB: This happened just before the Di Cristina murder, so it would be before 1978.


FC: Right after he was released from jail?

PB: I can't be more precise, I would have to consult the documentation. This event is written in Arlacchi's book. He only talks about it once in this book... oh, he says 1976. A day during 1976, I remembered it as '77. [Paolo reads: I was at the Favarella estate with Pippo. We were sitting down discussing with Michele Greco]. Ok, it's wasn't Bontade, it was Michele Greco. [... discussing with Michele Greco as Rosario Riccobono and Vittorio Mangano, man of honor of Pippo Calo', whom I had already met in Milan walked in. They came to inform Greco of an operation which had just been completed. The two had just eliminated someone who had been responsible for the kidnapping of a woman. They had released the hostage as well]. I think I remember the crime Calderone is referring to. At that time, a certain Gabriella or Graziella Mandala' had been kidnapped in Monreale. A few days later, eight days later she reappeared. She had been released. Immediately following this incident a series of extremely grotesque crimes took place. A man, who was probably suspected of having participated in the kidnapping, was found along the edge of the road in a bag made of [interruption]... referring to his encounter with Mangano.


FC: It was carried out by Mangano?

PB: This is what Calderone leads us to believe. At least from the statements which I see written in Arlacchi's book. Actually, Calderone mentions the fact, exactly the one that made me remember...[interruption]...two murders committed by Liggio. Two women, one was raped and killed. The other one, a young girl of about 14 or 15 years of age was raped and murdered immediately following the first woman. It's the same crime by which, this morning, a man was... [interruption].

There's a series of notes, of reports and computers which should be consulted to acquire the documentation to these events, some of which can probably be shown since they were part of the maxi trial and, by now, the maxi trial is well known, it's public. However, there is still material which cannot be exhibited because it deals with investigations that aren't over yet. Guarnotta would have to take a look at them in order to...


FC: I wasn't only talking about the computer files.


PB: Yes, I know, but some of the files have to do with the Dell'Utri and Berlusconi matter. I don't know to what extent they can be shown... I'll give them to you, the important thing is that you don't tell anyone that you got them from me... they're only... you see, this computer is organized like this, what you are looking at is substantially something like an index. Through these indications we look for “Vittorio Mangano”; the computer than shows all the indexes of the documents where we know Vittorio Mangano's name turns up. But these are not the documents. These are the indications on how to look for the documents. Trials are all put on film. If there's something there, you have to search for it inside the film and take it out of there. This isn't always easy to do. The number of films has become incredibly high.



Translated by Christina Pacella



Il video della presentazione del dvd avvenuta a Palermo il 16 dicembre 2009
(a cura di Francesca Scaglione e Carmelo Di Gesaro,
Fonte: www.fascioemartello.it)









La lettera di Agnese Borsellino per la presentazione del dvd a Palermo


altFar conoscere il contenuto di questa intervista non vuole essere un atto di accusa nei riguardi dei personaggi politici ivi citati, ma da moglie di Paolo Borsellino mi chiedo da tempo senza riuscire a darmi alcuna risposta: perché due giorni prima della strage di Capaci i due giornalisti francesi hanno intervistato mio marito chiedendogli di Berlusconi, Dell'Utri e Mangano? E' stata solo una coincidenza?

Mi auguro che chiunque vuol fare chiarezza su una delle pagine più buie della nostra Repubblica non sia criminalizzato, questa iniziativa ed altre analoghe pertanto sono per me ed i miei figli un atto di amore.

Solo quando la verità sull'assassinio di mio marito e dei suoi ragazzi verrà alla luce e si interromperà una volta per tutte la contiguità tra criminalità e pezzi deviati dello Stato, scompariranno definitivamente le mafie.

Con questo auspicio rivolgo a vuoi tutti gli auguri di un Sereno e Santo Natale.

Agnese Borsellino

alt


A letter from Agnese Borsellino (Mrs. Agnese is judge Paolo Borsellino's wife)

The decision to divulge the content of this interview is not meant to be an accusation as to the political figures mentioned within. Nonetheless, as Paolo Borsellino's wife, I spent a very long time asking myself a question, a question which has never found a reply: how is it, that, two days before the massacre of Capaci, two French journalists came to interview my husband asking him about Berlusconi, Dell'Utri and Mangano? Had it been nothing more than a coincidence?

I hope, that whomever wishes to shed a ray of light on one of the darkest pages of our Republic be not criminalized for doing so. Initiatives, such as this one, are, for myself and my children an act of love.

Only when the truth as to my husband and his bodyguards' murders sees the light, only when the contiguity between criminal organizations and deviated parts of the State is interrupted forever, only then, will mafia disappear.

Through this good omen I wish you all a Serene and Holy Christmas.

Agnese Borsellino

(Translated by Christina Pacella)





Borsellino, l'intervista nascosta: Palermo ritrova la voce antimafia


altTutto esaurito per la presentazione del Dvd del "Fatto"

“Mi auguro che chiunque vuol fare chiarezza su una delle pagine più buie della nostra Repubblica non sia criminalizzato, questa iniziativa e altre analoghe pertanto sono per me e i miei figli un atto di amore”. Agnese Borsellino ha definito un atto d’amore l’iniziativa del
Fatto Quotidiano che mercoledì sera ha presentato a Palermo in anteprima il dvd Paolo Borsellino, l’Intervista Nascosta. Il filmato integrale mai trasmesso in tv, della famosa intervista che il magistrato rilasciò ai colleghi francesi Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo due giorni prima della strage di Capaci e 61 giorni prima di essere ucciso, acquistabile da oggi con il Fatto. Un incontro vigilato da uno spiegamento massiccio delle forze dell’ordine e partecipato da un fiume di persone. Anche quando ogni posto era esaurito, tanti giovani sono rimasti immobili sulla piazza antistante, nonostante la pioggia, con la speranza di poter entrare. Una speranza che non poteva restare disattesa. Così, appena la sala si è svuotata, l’incontro è stato in parte ripetuto. Una testimonianza di condivisione di un giornale che si limita a raccontare i fatti senza chiedere il permesso a questo o a quel partito, a questo o a quel potentato, a raccontare un bisogno profondo di verità di passione civica, ma anche la necessità di manifestare solidarietà a Marco Travaglio, a tutta la redazione del Fatto Quotidiano e al suo direttore Antonio Padellaro, indicati come “mandanti morali” del lancio al premier della statuetta del Duomo da parte di una persona affetta da gravi disturbi psichici . “Quello che vorremmo è un paese normale in cui fosse normale scrivere e manifestare le proprie opinioni, in cui a farla da padrone fosse il confronto civile e non certe dimostrazioni di barbarie politica”, ha detto Padellaro nel suo intervento preceduto dalla introduzione dell’autrice di questo articolo a cui Agnese Borsellino, donna discreta e restia ad ogni forma di protagonismo, impossibilitata a partecipare a causa di seri motivi di salute, aveva voluto consegnare una lettera densa di emotività ma anche di denuncia politica.


Presenti alcuni magistrati della Procura di Palermo, Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato, Andrea Tarondo pm di Trapani e Franca Imbergamo giudice a Caltanissetta, che non hanno voluto rinunciare ad esserci nonostante il clima da coprifuoco psicologico che si respira nel paese. Marco Travaglio si è chiesto cosa sarebbe accaduto a Paolo Borsellino se quell’intervista l’avesse rilasciata oggi, se oggi, avesse consegnato quei documenti a dei giornalisti. Di certo, nella migliore delle ipotesi, sarebbe stato inserito nella lunga lista delle toghe rosse, dei magistrati sovvertitori della volontà popolare, lui che semmai era una toga nera a riprova che l’imparzialità di un magistrato è al di sopra delle opinioni politiche personali. La presenza di così tanti giovani sinceramente, evidentemente impegnati nella costruzione del proprio futuro, impregnato di rispetto per le persone e per le regole, è stata
la rappresentazione di un paese soffocato dalla propaganda martellante che ogni giorno senza sosta arriva nelle case, nei bar, nei ristoranti dalla reti televisive di proprietà di Berlusconi e da quelle controllate da Berlusconi, presidente del Consiglio. E di fronte alle loro facce pulite, ai loro sguardi attoniti, spesso bagnati dalla commozione, il testamento di Borsellino: “Bisogna continuare a fare il proprio dovere nonostante i rischi e i pericoli che questo comporta perché la ricerca della verità porta con sé il livello di dignità di cui ognuno di noi dispone” si è trasformato in impegno urgente.


Sandra Amurri (il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2009)
 

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