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Rubriche - Le vostre lettere
Scritto da Massimo   
Martedì 17 Novembre 2009 23:26

Avrei dovuto publicare prima questa lettera che parla della esperienza di un nostro amico durante manifestazione dell "Agende Rosse" del 18, 19 e 20 luglio di quest'anno a Palermo. Tra le tante lettere che mi sono arrivate era una di quelle che mi avevano particolarmente colpito e mi ripromettevo di pubblicarla appena possibile, poi le mille cose da fare e la manifestazione del 26 settembre a Roma da preparare la hanno lasciato sepolta sotto la quantità di mail che mi arrivano ogni giorno e che non sempre riesco a smaltire La ho ritrovata oggi e la pubblico subito scusandomi con Massimo, che è venuto a trovarci anche a Londra, per l'imperdonabile ritardo.

Caro Salvatore,
le avevo promesso che le avrei scritto qualcosa di più sulla mia esperienza di Palermo, e provo a farlo ora.
La cosa che ha iniziato a risuonarmi dentro è questa: la vita ha senso solo se viene spesa, se viene donata. Non è il problema di vivere 20 o 30 anni in più, o di avere una vita tranquilla.
Il taxista che mi ha accompagnato all'aeroporto diceva che Paolo Borsellino avrebbe dovuto "sospendere tutto" dopo la morte di Falcone. Che non riusciva a capire come una persona minacciata di morte dovesse andare avanti.

Io credo che quel taxista abbia dimenticato cos'è la purezza, quella cosa che traspare in ogni discorso di Paolo. Quella che lo ha reso fecondo. Quella purezza che ha trasformato Calcara in una persona feconda a sua volta. La testimonianza di sua figlia Lucia mi commuove e mi fa piangere ogni volta che la ascolto. Che dignità, che purezza a sua volta!
Anche la testimonianza di Antonino Caponnetto mi commuove e mi fa piangere ogni volta che la ascolto. Ha visto il miracolo di Paolo. Ma solo stando vicino a lei, Salvatore, ha capito che il vero miracolo era il dono della vita. Lui stesso non ha preteso di capire, ma ha visto in lei i frutti di questo dono. Ha visto la fecondità di Paolo che si trasformava nella fecondità di Salvatore. Non ha fatto in tempo a vedere i frutti, che sono arrivati da tutta Italia, e arriveranno ancora.
Quanti ragazzi di tutta Italia che ho conosciuto a Palermo si sentono suoi figli spirituali! E quanto è bello vedere tutti questi ragazzi riunirsi senza alcuna bandiera politica, religiosa o faziosa. E' questa la purezza. E' qui che si respira quel "fresco profumo di libertà" di cui parlava Paolo. E' qui che una persona può rinfrancarsi, trovare quelle energie che altrove vengono così compromesse.
Ho conosciuto persone che stanno rischiando la vita e vanno avanti. Questa è quella purezza che si respira. Sanno da che parte stare, e ci stanno anche se costa. Sentono che devono farlo. Che nessuna promessa di vita più lunga o più tranquilla vale qualcosa quando sono in gioco quei valori che valgono più della stessa vita.
Per questo mi rinfranca stare lì, sento il bisogno di vedere che è possibile, che tutto questo esiste!
E questo è il miracolo di quella manifestazione: la purezza; miracolo non meno stupefacente di quello della vita di Paolo, descritto in modo incomparabilmente bello da Antonino Caponnetto con l'immagine della crisalide e della farfalla.

 

Quando sono venuto via da Palermo avevo il cuore gonfio da questa gente così speciale. Ingenuamente pensavo che tutti i palermitani fossero così. Magari distratti, assenti e indifferenti, ma non corrotti. Pensavo che fosse tutta colpa di pochi mafiosi se la situazione era quella che era.
Il caso ha voluto che incontrassi quel taxista di cui ho accennato prima. Quando ha saputo che ero venuto in via D'Amelio si è sentito in dovere di difendere la mafia. Mi ha detto che se non fosse per loro in Sicilia non ci sarebbe lavoro, non ci sarebbero case. "La Mafia ha fatto tanto bene alla Sicilia, ha fatto quello che doveva fare lo stato e che non ha fatto. E' vero che ogni tanto ammazza qualcuno, ma è sempre attenta a non uccidere i passanti. Non è come la 'ndrangheta oppure la camorra, che per uccidere uno colpiscono anche chi non c'entra niente". Io ero sbigottito. Gli ho risposto che uccidere un magistrato è peggio che uccidere un passante. Credo di averlo almeno per un istante lasciato senza parole. "Gli omicidi dei giudici..." mi ha detto "...ci sono sempre stati. Hanno sbagliato quando hanno messo le bombe, perché se li uccidevano con il fucile facevano meno rumore e non ne avrebbe parlato tutto il mondo. Perché quello che è successo in quei giorni, non succedeva in nessun posto del mondo. Per questo hanno sbagliato. Ma lì c'era dietro il Sisde e poi la politica, erano i tempi di Martelli, Contrada, insomma erano altri anni. E comunque anche Riina sta dicendo che era colpa dello stato".
Quelle frasi sono rivoltanti, mi provocano quasi il vomito, ma ho capito che c'è profonda ignoranza. E ora capisco bene quando si dice che il problema è culturale, che la cultura è il punto centrale. E' la chiave.
Chi fa cultura oggi ha i valori capovolti. Basta accendere la televisione per rendersene conto. Berlusconi proclama l'omertà dell'assassino Mangano un atto di eroismo. Dà dei criminali ai giornalisti come Biagi, dice che per fare i PM bisogna avere una mente malata. Nessuno si indigna troppo, e la gente lo rivota. Si sta attuando di settimana in settimana il piano di rinascita democratica della P2, si rende inutile il parlamento, si modifica la costituzione, si riforma la scuola, l'informazione è monopolizzata, il CSM è completamente corrotto. Stiamo andando a passi da gigante verso un regime.
Non è tempo di piangere, è tempo di reagire. Sono queste le parole di piazza Farnese che hanno scosso me e tanti altri, unitamente a quel grido "resistenza!" a quella parola che ormai era diventata anacronistica, da collezionisti. E invece niente è più necessario oggi che ripetere quella parola dal significato così profondo: resistenza. Resistere.
E niente è più necessario che sostenere chi lotta in prima linea in modo che non si sentano isolati. Ricordo il sorriso molto bello di Ingroia quando abbiamo manifestato davanti al palazzo di giustizia. Il nostro calore gli ha infuso coraggio; un passante mi si è fatto accanto e sottovoce mi ha detto: "quello che fate vi fa onore". Ed è rimasto con noi, senza agenda rossa, ma si vedeva che sentiva il bisogno di lottare, anche se aveva paura.
Per me era più facile: non vivo a Palermo. Posso spegnere l'interruttore quando voglio. Ma quando lo faccio mi sento esattamente come il giovane ricco del Vangelo, che se ne va triste perché non ha il coraggio di fare una scelta. Oppure come quel tale a cui venne detto "seguimi" e sentiva fosse la cosa giusta da fare, ma temporeggiava, aveva altre cose da fare prima, altri alibi che gli avrebbero garantito quella tranquillità temporanea per sopire poi per sempre il richiamo.


Mi scuso per questa lunga mail, che ho tenuto nel cassetto qualche settimana. Avrei voluto rivederla, concluderla diversamente, dirle grazie, ma poi ho deciso di inviarla così com'era, nella speranza che almeno una parola le sia di conforto, o di stimolo in qualche modo.


Massimo

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