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Lettera aperta a Fini di Concetta Cice PDF Stampa E-mail
Rubriche - Le vostre lettere
Scritto da Concetta Cice   
Martedì 31 Marzo 2009 20:30

Al Presidente della Camera
On. Gianfranco FINI

e p.c. a tutti i mezzi d'informazione


Pavia, 31 marzo 2009


On. Gianfranco Fini,

nella giornata di ieri ho avuto modo di leggere quanto ha espresso davanti ad alcuni giovani siciliani a Bagheria, in occasione dell'incontro con il Parlamento della Legalità. Devo dirLe che sono tante le impressioni che hanno agitato il mio animo durante la lettura delle Sue affermazioni.

Una fra le altre: il desiderio di essere lì presente ad ascoltare con le mie orecchie quanto diceva. Il desiderio di esprimerLe con le mie parole e non attraverso uno scritto come in questo momento mi accingo a fare, tutta la mia indignazione, il mio sconcerto, e l'oltraggio che ho dovuto subire io, la mia amatissima terra e la mia nazione.

Come hanno riportato numerose agenzie di stampa, Lei ha avuto l'ardimento di assicurare tutti noi che "non ci sono mafiosi alla Camera, non ci sono deputati che la difendono e non ci sono compiacenze". Con tutto il rispetto che ho per l'Istituzione che in questo preciso momento storico Lei ha il dovere di rappresentare, mi permetto di dirLe che è la più grande ingiuria verso la stessa nazione della quale Lei per primo, insieme ai suoi colleghi deputati e senatori dovrebbe essere di esempio.

Le premetto che sono una giovane ragazza del sud, impegnata con le poche risorse a mia disposizione nella lotta alle mafie, ma Le assicuro, armata di tanta forza di volontà. Quella stessa volontà che riesce a darmi il vigore di approfondire in maniera seria e puntuale il fenomeno mafioso in tutti i suoi aspetti.

E credo fortemente nelle parole, soprattutto quelle parole pronunciate da alte cariche dello Stato, perchè sono sì importanti e reggono tutto il peso e la responsabilità che portano con sè.

Durante i miei studi di certo non mi sono sfuggiti alcuni nomi. Magari ne accennerò qualcuno tanto per farLe qualche esempio.

Dell'attuale senatore della Repubblica Italiana Giulio Andreotti, Gian Carlo Caselli scriveva giustamente, sulla Stampa del 18 ottobre 2004 che "la Cassazione, ribadendo l'assoluzione per i fatti successivi, ha confermato che fino alla primavera del 1980 l'imputato ha commesso il reato di associazione con i mafiosi dell'epoca, capeggiati da Sefano Bontate, autore di gravissimi delitti"; accusa come Lei ben saprà caduta in prescrizione e non inesistente come i nostri eminentissimi giornalisti vogliono farci apparire. Sapere che nel Senato della Repubblica Italiana abbiamo un uomo che ha sostenuto incontri prima del 1980 con mafiosi del calibro di Badalamenti e Bontate, francamente mi dà i brividi.

Non mi è sfuggito il nome dell'attuale senatore della Repubblica Italiana Marcello Dell'Utri, il quale è stato condannato definitivamente con sentenza passata in giudicato per frode fiscale e false fatture, nonchè condannato in primo grado per associazione esterna di stampo mafioso. Lo stesso Dell'Utri che con una sola affermazione ha dilapidato tutte le conquiste fatte in questi anni dall'antimafia, con quella definizione della parola "mafia" che l'on. offriva in occasione della trasmissione di Raiuno "L'inviato speciale" del 1 ottobre 2007: "Ma non esiste la mafia, dobbiamo tornare ai discorsi che facevano i primi mafiosi? Che cos'è la mafia? Non è un posto dove lei va a bussare e dice "permette, qui c'è la mafia, chi è il direttore generale?" Non esiste. La mafia è un modo di essere, un modo di pensare". Con quella stessa definizione si manda al macero decine e centinaia di inchieste anche storiche che fanno luce sul sistema mafioso, andando contro una diffusa credenza che voleva la mafia come un modo di essere, che come Alfredo Niceforo vedeva il siciliano come un "uomo nel cui sangue scorrono eternamente la ribellione e la smisurata passione del proprio io. Ecco il mafioso". Non solo Dell'Utri non riconosce il fenomeno mafioso come organizzazione criminale, ma non ne riconosce neppure l'impostazione piramidale (Riina e Provenzano chi sono se non "direttori generali" di Cosa Nostra?).

Non mi spiego e non comprendo come possa amministrare la nostra cosa pubblica neppure il senatore della Repubblica Italiana Salvatore Cuffaro, condannato in primo grado a cinque anni per favoreggiamento semplice di singoli mafiosi e rivelazioni di segreti d'ufficio. Il processo d'appello si svolgerà questo 15 maggio prossimo, ma mi chiedo: quale credibilità avrebbe lo Stato se Cuffaro risultasse colpevole, di quale credibilità può disporre un politico sottoposto ad una tale condanna seppure di primo grado? Quale estraneità a compiacenze mafiose potrà mai ambire un senatore, qual'è Salvatore Cuffaro, che negli anni passati si è distinto in pesanti accuse mosse nei confronti del pool antimafia alimentato dal coraggio del giudice Giovanni Falcone? Accuse da dimenticare e nascondere per l'on. Cuffaro che adesso offuscato il tutto, sul suo sito web personale si permette di tessere le lodi di quello stesso "giudice corrotto che ha costruito un'intera storia su un pentito volgare, che mette a repentaglio e delegittima la classe dirigente siciliana solo perchè serve al Nord".

Sarebbero tanti altri i nomi che avrei voluto elencarLe, presenze inspiegabili di uno Stato che si è sempre dichiarato contro la mafia. Lei ha affermato che "non ci sono deputati che difendono" la mafia, io aggiungerei che sono pochi coloro che la combattono veramente. La vera lotta alla mafia, quella concretizzata tra mille difficoltà, sforzandosi di trovare nuovi strumenti di indagine e procedure di giudizio, non è stata realizzata dallo Stato inteso come simbiosi fra organizzazioni politiche e magistratura, ma da quello Stato rappresentato dalla volontà di diversi uomini e donne solitari ed abbandonati dalle istituzioni. Sono troppi gli esempi virtuosi che la nostra storia ci offre e che ancora ci fa soffrire, perchè per la maggior parte di loro non è rimasta che la memoria. Hanno pagato la loro rettitudine e la sana moralità con la vita.

On. Fini, ci ha chiesto di onorare questi morti, questi "servitori dello Stato", ha detto che "i giovani devono ricordare i martiri, gli eroi, perchè i martiri vanno onorati con comportamenti quotidiani". Sappia Onorevole, che siamo in tanti a farlo, proprio perchè spinti dal loro esempio, stiamo lavorando per lo Stato chiedendo anche verità. Le tante verità che vengono sottaciute da quello stesso Stato che vogliamo rendere migliore. Le tante verità non rivelate che comincerebbero a dar giustizia a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Le altre e troppe verità non rivelate che si nascondono dietro la morte di ogni uomo e donna caduti solo per aver sentito come propria la responsabilità di lottare contro questo cancro. Le oltraggiose verità che si celano dietro quel patto scellerato degli anni 90 fra Stato e mafia. Mi creda On. Fini, fino a che non verranno fuori tutte queste verità, saremo anni luce dal vedere quell'uscita dal tunnel di cui Lei parlava.

Ha ragione quando dice che è "cresciuta la volontà della società di non chinare il capo", ma quanti sono quegli imprenditori o quei semplici cittadini che hanno dovuto rinunciare ad una vita normale per aver denunciato il sistema mafioso, che adesso si ritrovano ad essere completamente abbandonati dalle istituzioni che Voi rappresentate? Sino a quando non ci sarà una reale risposta da parte Vostra, che non si traduce solamente in arresti e confische, noi cittadini comuni, non vedremo mai una Vostra responsabile e netta avversione al fenomeno mafioso.

Chiudo questa lunga lettera ribadendoLe che sono una semplice cittadina completamente libera da qualsiasi interesse altro e non soggetta a preclusioni di tipo politico, sempre aperta ad un confronto sincero e rispondo alla Sua citazione di John Fitzgerald Kennedy con quest'altra:

« Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana. »

In fede

Concetta Cice

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Vento  - Brava Concetta!   |2009-04-04 02:58:08
Ben fatto.
Fini vergognati!

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